05 May 2008

La fossa “rossa” per i cloruri o per la vergogna?

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Polo conciario Vicentino,discussioni in provincia. Di seguito l’articolo riportato nel Basso Vicentino uscito in occasionedella fiera di Lonigo. Redatto da Mattias Bassotto qui nella versione integrale priva di tagli apportati prima della pubblicazione.

La provincia di Verona nel gennaio scorso ha approvato una mozione che nega il rinnovo dell’autorizzazione a scaricare, tramite il collettore, i reflui provenienti dall’Ovest Vicentino, in pratica di cinque depuratori della vallata dell’Agno fino a Lonigo. Preoccupazione del presidente Signorin del Consorzio Arica.

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IL FANTASMA DEL TUBO

Ogni tanto il fantasma del tubo ritorna. La Fossa, che attraversa in buona parte il territorio colognese, è quel corso d’acqua che all’altezza di Santo Stefano di Zimella riceve le acque del Rio Piovego, ma anche i reflui del tanto discusso collettore (tubo) che raccoglie i liquami provenienti da ben cinque depuratori della vallata dell’Agno. Acque con un’alta percentuale di cloruri che colorano di rosso il letto della Fossa e che fanno morire anche le nutrie. In nostro mensile ha seguito tutto l’iter della progettazione (primi anni Ottanta) del famoso “tubo” fino alla sua realizzazione, tra infinite polemiche e prese di posizione. E non è ancora finita.

TUBO COLLETTORE VICENTINO: È FORSE L’INIZIO DELLA FINE?

“Le amministrazioni locali non hanno mai dato un serio contributo alla risoluzione del problema. Non resta che appellarsi alla Magistratura e all’Unione Europea”. È questa la proposta emersa dalla conferenza svoltasi Venerdì 29 Febbraio alla Loggia di Frà Giocondo a Verona, dal titolo: “Polo conciario vicentino nel contesto veneto: risorsa o sventura?”.

L’incontro, promosso dai consiglieri provinciali Andreoli, Scarato e Ferrari (la Sinistra, l’Arcobaleno), mirava a dare una risposta concreta alla deroga di sei mesi che la Regione ha dato nel Gennaio di quest’anno, per lo scarico del famoso tubo nel Fratta-Gorzone; nonostante la provincia avesse dato uno stop agli scarichi, in seguito alle rilevazioni fuori i limiti tabellari dell’Arpav.

La questione si protrae dagli anni ‘80, dopo il via alla costruzione di questo collettore che raccoglie l’acqua inquinata della zona conciaria Chiampo-Vicentina, e che la porta nel fiume colognese Fratta-Gorzone, dove i reflui, evidentemente ad alto impatto ambientale, vengono poi diluiti dall’apporto idrico del canale d’irrigazione LEB.

“La logica dello spostare il problema senza risolverlo,” ha esordito Gianni Tamino, docente di Biologia all’università di Padova, “non può più andare avanti. Depuratori e un tubo collettore, di fatto, non risolvono il problema dell’inquinamento del fiume utilizzato per l’irrigazione dei campi”. L’unica soluzione, ha continuato il professore, è quella di intervenire a monte, a prescindere dalla diluizione, che non è prevista da nessuna legge come rimedio all’impatto di sali, zinco, diossine e cromo totale (alcuni dei residui della lavorazione delle pelli) con l’ambiente, e in particolare con le stesse acque che i contadini sono costretti ad utilizzare per irrigare i campi dei famosi prodotti agricoli colognesi. Il guadagno delle aziende è enorme rispetto ai danni alla comunità, in termini di qualità dell’acqua, agricoltura, immagine e turismo.

È necessario quindi, ha continuato l’avvocato Ceruti che da anni si occupa di questa vicenda, rispettare i valori tabellari definiti dalla legge, dotandosi di nuove tecnologie, finora totalmente ignorate. D’accordo anche Luana Zanella, On. Verdi, che ha poi aggiunto:”Le politiche ambientali italiane risentono del sistema industriale arretrato. È necessario pensare ad un nuovo ciclo produttivo innovativo, superando la concezione veneta dello sviluppo basato sul proprio profitto contenendo le spese e favorendo in questo modo, disastri ambientali come quello del Fratta-Gorzone”. L’Onorevole ha poi sottolineato che purtroppo mancano gli strumenti giuridici per far fronte penalmente a questi problemi. Per questo, dice, il centro-sinistra ha presentato da poco alla camera una proposta di legge dal titolo “Dei delitti contro l’ambiente”.

Ma l’appello a più controlli sull’attività conciaria è arrivato anche dall’ On. Paolo Cacciari, per l’assunzione di tecnologie, già esistenti, che evitino l’immissione nel ciclo produttivo di sostanze inquinanti.

Dai vari interventi quindi, è risultato evidente che la depurazione e il tubo non sono soluzioni adeguate e definitive, soprattutto perchè le sostanze inquinanti, anche se diluite quando il Leb ha disponibilità d’acqua, finiscono comunque ad irrigare i campi, con l’unico risultato di avere prodotti DOC,DOP e IGP coltivati con acqua, sali e metalli pesanti.

Dalla consapevolezza dell’evidente lassismo delle istituzioni, dimostrato anche dall’assenza dei consiglieri di maggioranza e soprattutto quella dell’Assessore provinciale all’ambiente, nasce quindi la necessità di coinvolgere le autorità giudiziarie e l’Unione Europea. Ed è proprio Sepp Kusstatscher, parlamentare verde europeo, che delinea l’idea di presentare una petizione al parlamento di Bruxelles, ribadendo che “quando vi è una violazione della legge, dimostrata dalle continue deroghe concesse dalla Regione, per i continui sforamenti delle concerie, bisogna intervenire politicamente e giuridicamente”.

Nello spazio riservato al dibattito è intervenuto anche il presidente dell’Arica, consorzio per la gestione degli scarichi, rivendicando risultati positivi dagli anni ’80 ad oggi; smentito però da alcune foto presentate subito dopo dal presidente del circolo colognese di Legambiente, L. Boggian. Scattate nel luglio dello scorso anno, quando la diluizione del Leb era venuta meno, rivelano la vera natura del fiume, tinto incredibilmente di un rosso accesso.

La vicenda è stata finora dominata dal disinteresse istituzionale e dei media, ma, forse potremmo essere vicini all’epilogo. Come hanno sottolineato i relatori infatti, la questione non può più essere ignorata. Essa, coinvolgendo un’intera regione, ha ormai una rilevanza nazionale, perchè gli scarichi non si fermano nel Fratta, ma, trasportati dalla corrente, proseguono inesorabilmente verso l’Adriatico, meta turistica per eccellenza.

Mattias Bassotto

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